23/12/09

Maltempo a Milano. D'inverno. E la notizia dov'è?

Ogni telegiornale, ogni giornale, ogni trasmissione televisiva ed ogni rivista ci sta, in questi giorni, bombardando di notizie relative al maltempo che imperversa in tutto il Nord Italia, concentrando la loro attenzione su Milano, la quale è rimasta paralizzata dalla neve e dal ghiaccio, creando innumerevoli disguidi sulla rete dei trasporti: voli cancellati, centinaia di treni annullati, traffico bloccato, autostrade impraticabili. Il tutto avvenuto nonostante centinaia di spazzaneve, spargisale e addirittura soldati dell'Esercito impegnati a favorire la circolazione ed agevolare i cittadini di Milano e Povincia nei loro spostamenti.
In effetti, di neve ne è caduta (circa 40 cm, una quantità, a quanto pare, maggiore anche di quella presentatasi l'anno passato), e i problemi sono stati assolutamete palpabili.
Analizzando la situazione, però, non credo sia molto difficile raggiungere delle conclusioni che ci portano a discordare su ciò che ci dicono nelle varie televisioni, o nei numerosissimi articoli di giornale concentrati sul maltempo.
Innanzitutto, che nel Nord Italia, in inverno, si abbassino le temperature ed aumentino le precipitazioni, non è una novità eclatante. E non è una novità neppure il fatto che quando vi siano dele precipitazioni a temperature basse, nevichi.
Ora: se la neve cadesse copiosamente in luoghi in cui non si vede che il sole, come le zone costiere della Sardegna, per fare un esempio, allora una certa disorganizzazione sarebbe più che lecita, e la notizia "40 cm di neve caduta nelle pianure costiere sarde", sarebbe una vera notizia. Ed i disguidi, come dicevo, sarebbero leciti, in quanto il territorio e l'organizzazione territoriale non sarebbero pronti a ricevere un tale evento, che coglierebbe la popolazione impreparata, provocando grossi danni alla circolazione del luogo.
Ma per quale motivo, nelle regioni del Nord, questi problemi nascono ugualmente, ed ogni anno, se si tratta di aree in cui i mezzi per prevenire questi innumerevoli danni sono ben presenti, collaudati ed utilizzati ogni inverno?
Innanzitutto c'è da dire che tutto il catastrofismo narrato dalle fonti pubbliche (ma anche private, in realtà), è assolutamentte esagerato. Ritardi, certo, ma niente di trascendentale.
Il punto è però un altro: tutti quanti i cittadini sapevano che era in arrivo una forte perturbazione di tipo nevoso che avrebbe imbiancato la città: per quale motivo non si è prevenuto in alcun modo a tale evento? Per quale motivo le macchine spargisale non si sono messe in movimento prima che la neve cominciasse a cadere? Ha iniziato a nevicare il 21 Dicembre, verso le 14:20, ed ha continuato fino a, circa, le 3 della notte. E' abbastanza normale che, con quel tipo di neve, fiocchi grandi e asciutti, le strade vengano ricoperte di uno strato bianco che rende difficile la guida: perché non si è anticipato il disastro automobilistico (alcune persone hanno impiegato 2 ore per fare 3 km)? Se il sale fosse stato sparso per le strade, almeno nelle arterie principli, gran parte del traffico accumulatosi dal pomeriggio alla sera sarebbe stato evitato.
Stesso discrso si pul fare per i trasporti su rotaie, sui quali c'è da fare un'ulteriore osservazione: perché non si rimborsano i biglietti dei treni cancellati? Se il treno non parte, non fa il suo lavoro. Se io voglio il biglietto per andare da una città all'altra, e non mi viene offerto il servizio, perché devo pagarlo lo stesso? Preferisco non prendere il biglietto. Vorrei chiedere al presidente Innocenzo Cipolletta se, quando va in un negozio per comprare qualcosa, paga lo stesso anche se alla fine non compra nulla. Io penso che i soldi se li tenga, anche se la commessa gliel'ha mostrato e gli ha spiegato gentilmente ogni dettaglio di quel prodotto.
Concludo con i trasporti aerei, sui quali c'è poco da dire. Con le perturbazioni in atto, se non si può volare, non si può volare. Non è questione di prevenzione, di inefficienza umana. Lì non si può far nulla. Certo è che rendere gli aeroporti più agevoli (in questo caso Malpensa e Linate, che sono piuttosto fatiscenti, al contrario del nuovo impianto di Orio al Serio che invece è assolutamente nuovo) dovrebbe essere un impegno da imporsi, visti gli enormi ritardi e cancellazioni provocate dal maltempo.

08/12/09

Cappellacci: cosa vogliamo fare con l'ambiente sardo?

Il Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, pare piuttosto confuso sul da farsi riguardo alla questione ambientale sarda.
Mentre il suo predecessore, Renato Soru, dell schieramento opposto, aveva adottato una linea diretta (seppur con numerosi difetti) alla salvaguardia dell'ambiente, Ugo Cappellacci sembra essere piuttosto una bandiera che si volta a seconda del vento che tira.
Se Soru aveva imposto la famosa tassa sul lusso per cercare di diminuire l'afflusso di yacht nei mari sardi, tutelandone la pulizia; se aveva proibito la costruzione di edifici entro 3 km dalla fascia costiera epr tutelare l'integrità della vegetazione; se si era opposto all'installazione di impianti eolici per la salvaguardia del paesaggio, Cappellacci si è dichiarato contrario a tutte queste scelte.
Si ipotizzava, quindi, che l'attuale presidente della Regione avrebbe favorito il turismo agevolando l'attracco di barche di lusso nelle coste sarde; si ipotizzava che avrebbe permesso la costruzione di impianti turistici sulle coste sarde per favorirne lo sviluppo turistico; si ipotizzava che avrebbe utilizzato terreni incolti per l'installazione di impianti di generazione di energia pulita affinché la Regione della Sardegna avesse la possibilità di godere di un netto risparmio energetico ed economico.

Si ipotizzava.

In realtà, dopo quasi un anno di governatorato, Ugo Cappellacci è stato capace, fino ad ora, di:
1-permettere lo sviluppo della crisi del polo industriale di Portovesme mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro (a proposito: la settimana prossima vedremo se realmente l'Alcoa ha deciso di revocare la cassa integrazione ai suoi dipendenti oppure si trattava solo dell'ennesima bufala dei nostri mezzi d'informazione ufficiali);
2-dare in concessione ai privati ben 40.000 ettari di spiagge pubbliche, per l'installazione di stabilimenti balneari.
Dove si diriga la Sardegna sotto la sua guida, dopo un anno, è ancora un mistero.
Ci potrebbe rimanere la speranza che Cappellacci stia studiando un metodo per poter sviluppare il sistema industriale, energetico e turistico sardo. Ma ecco qui un'altra notizia, che potrebbe far perdere ai sardi anche questa speranza.

Pare che a Domusnovas, un piccolo comune nella Sardegna sud-occidentale, ci sia il progetto di installare, da parte della Noise Srl, una società della Provincia di Carbonia-Iglesias ubicata a proprio a Domusnovas, un impianto composto da 170 pannelli fotovoltaici, che darebbero lavoro, per la gestione dell'intero impianto, a circa 30 giovani residenti nel comune.
Il 4 Dicembre scorso, il sindaco di Domusnovas Angelo Deidda, il Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias Pierfranco Gaviano ed altri amministratori comunali di Fluminimaggiore e Villamassargia (comuni attigui a quello di Domusnovas) hanno marciato fino a Cagliari per chiedere una deroga al Presidente Ugo Cappellacci, in modo da dare il via a questo progetto, che preverrebbe provvisoriamente un centinaio di assunzioni.
Secondo il sindaco di Domusnovas Angelo Deidda, il risparmio energetico che l'impianto fotovoltaico in questione darebbe al Comune di Domusnovas equivarrebbe a circa 100 mila Euro annui.

Ovviamete non siamo a conoscenza di alcuna risposta, data dal Presidente della Regione Cappellacci al Comune di Domusnovas. Cercheremo, dunque, di tenerci aggiornati sulla questione, che rappresenterebbe un ottimo passo avanti nell'utilizzo di fonti rinnovabili in Sardegna, regione assolutamente predisposta allo sfruttamento di energia solare ma non solo, essendovi in essa numerosi territori esposti al vento e, ovviamente, alle maree, assolutamente utilizzabili per la produzione di energia pulita.

Cappellacci, dunque, si trova di fronte ad una scelta che, viste le opposizioni fatte (a parole) alla politica di Renato Soru, sarebbe facile risolvere. Ma che, visto il modo con cui sta operando, inizia a mettere in contrapposizione le sue parole alle sue azioni.

Una scelta, Presidente. Se vuole tutelare l'ambiente, elimini immediatamente la concessione ai privati di 40.000 ettari delle spiagge sarde; se vuole sfruttare gli impianti di energia rinnovabile, dia il via libera all'installazione dell'impianto fotovoltaico progettato dalla Noise Srl. E che sia solo un primo passo, verso un'indipendenza energetica che vedrebbe la Sardegna fra le regioni più ricche d'Italia.

07/12/09

Via a Copenaghen, Stop a Milano

Proprio alla vigilia del Congresso di Copenaghen dedicato all'ambiente, qualcuno si è accorto del fatto che l'Ecopass, il metodo capace solo di procurare soldi al comune di Milano senza ridurre né il traffico né, tanto meno, l'inquinamento, è una bufala mostruosa, e che di Eco non ha proprio niente.
L'Ecopass è quel sistema che, come descritto dalla Sindaco Letizia Moratti e dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, avrebbe dovuto diminuire notevolmente le emissioni di CO2 nel capoluogo lombardo, abbassando sensibilmente la quantità di mezzi di trasporto privati nel centro di Milano.
Il metodo era alquanto semplice: mettendo una tassa a chi, in determinate ore dei giorni feriali, avrebbe voluto accedere al centro della città milanese col proprio mezzo privato.
Questo, a quanto si diceva, era inoltre un netto incentivo all'utilizzo del mezzi di trasporto pubblici rivolto ai tantissimi lavoratori operanti nel centro di Milano.
Analizzando in maniera solo leggermente più approfondita quest'idea, è facile intuire come questa rappresentasse solo uno specchietto delle allodole. E le allodole dovevano essere o stupide, o molto poco informate, perché funzionasse.
La cosa preoccupante è che ha funzionato.
Se si vuole tutelare l'ambiente dalle emissioni di CO2, innanzitutto, il traffico per le vetture inquinanti deve essere vietato in maniera assoluta. All'ambiente infatti non importa gran che, se quelle vetture pagano una mazzetta al Comune di Milano per poter inquinare. Inquinano lo stesso, anche previo pagamento.
Se invece l'idea era quella di utilizzare la parola Eco perché piacesse di più, ma l'obiettivo reale era ridurre semplicemente il traffico al centro, allora il prezzo di ingresso nella zona bastioni (l'area coperta da Ecopass nella città meneghina) avrebbe dovuto essere decisamente più elevato degli attuali 2 Euro (2 Euro!!!). Come a Londra, dove dopo essere partiti da 5 £ nel 2003, si è arrivati a 8 £ nel 2005 (l'equivalente di circa quindici euro), da pagare per poter accedere nel suo centro con la propria vettura. La differenza è che gli inglesi hanno escogitato questa pollution charge (tassa d'inquinamento) proprio per diminuire il traffico. Ed il traffico l'hanno diminuito. In Italia - evidentemente - no: forse si era ancora indecisi se fare qualcosa per il traffico oppure qualcosa per l'ambiente (e le due cose coicidono fra l'altro; proprio come hanno coinciso a Londra).
Oppure si voleva fare qualcosa per incentivare i mezzi pubblici? Beh, siamo sempre nella stessa barca. A Londra i mezzi di trasporto pubblici sono stati finanziati enormemente dagli introiti dei pochi automobilisti che hanno deciso di continuare a trafficare nel suo cuore con la propria vettura privata, e funzionano ancora meglio di quanto non facessero precedentemente. A Milano, ovviamente, si continuano a vedere gli stessi mezzi di anni e anni fa, senza che i tempii di percorrenza da una parte all'altra della città diminuiscano minimamente. Se non si viaggia esclusivamente in metropolitana (cioé se non si vive già in centro, e quindi se non si ha bisogno dell'Ecopass in quanto già residenti), per spostarsi da una zona all'altra di Milano potrebbero essere necessarie due ore. Senza contare il traffico, ovviamente. Fra lo scambio di un treno, l'attesa di un autobus, l'ingresso in metropolitana, l'attesa di un altro autobus e i tempi di tragitto, infatti, a seconda dei luoghi di partenza e di arrivo ci si mette tanto.
Ma allora, quest'Ecopass, a cosa serve?
Meglio ancora: a cosa è servito???
Certo, si possono vedere gli straordinari, meravigliosi, fiabeschi effetti del miracoloso Ecopass sul sito del Comune di Milano, ma sinceramente, alla luce del recente avviso di garanzia ricevuto dalla Sindaco Letizia Moratti, dal Presidente della Provincia di Milano Guido Podestà e dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni (gli stessi, a parte Podestà che è stato eletto quest'anno, ad aver sbandierato il loro impegno nel nome della difesa dell'ambiente), accusati di insufficienza nel rispettare le leggi sull'inquinamento, pare che la domanda sia già dotata di una risposta: a niente.
L'Ecopass non è servito a niente, e se rimarrà invariato, continuerà a non servire a nulla.
Alle 8 del mattino le strade di Milano equivalgono a dei parcheggi: migliaia di macchine ferme per strada. Si riconoscono che sono strade, e non parcheggi, per due motivi: il primo è che le macchine sono accese; il secondo, è che hanno una persona al volante. Una persona al volante, e nessun altro dentro.
Se si viaggiasse in quattro per macchina, il traffico si ridurrebbe di 3/4.
Se l'economico Ecopass diventasse più costoso, le quantità dei soldi in entrata sarebbero maggiori, e i paganti decisamente meno numerosi.
Se i soldi dell'Ecopass venissero utilizzati per costruire piste ciclabili, il traffico e l'inquinamento sparirebbero del tutto.
E se parte di quei soldi venissero utilizzati per aumentare l'efficienza dei mezzi pubblici, anche sotto la pioggia, i milanesi viaggerebbero al riparo.

26/11/09

Questione Alcoa: ma non era tutto a posto?

Questa mattina quasi un migliaio tra dipendenti della sede Alcoa di Portovesme e rispettivi delegati sindacali hanno lasciato la Sardegna per dirigersi a Roma, per poter ripetere la manifestazione di una settimana fa, cercando di farsi sentire in maniera più netta e determinante, per far sì che i loro posti di lavoro restino salvi, e che le loro famiglie possano continuare a vivere dignitosamente in una nazione fondata sul lavoro, come la Costituzione Italiana recita ieraticamente.
Chiaro a tutti è il fatto che, se viene organizzata una manifestazione con tanti partecipanti, è perché qualcosa non va.
Eppure per i nostri politici e per i nostri Tg nazionali, tutto è a posto, e ormai da parecchi mesi. Pare quasi che i problemi non siano mai neppure esistiti.
Partiamo dal principio.

1 - L'Alcoa, azienda produttrice di alluminio, apre nel 1995 uno stabilimento a Portovesme, polo industriale nel Sud-Ovest della Sardegna, firmando un contratto con l'Enel per un costo ridotto dell'energia elettrica. Il contratto, valido per dieci anni, avrebbe garantito gli stessi incentivi all'Alcoa dal 2005 in poi grazie ad un accordo preso con lo Stato Italiano. Dal 2005, infatti l'Italia impegnava dei finanziamenti di soldi pubblici per garantire all'Alcoa un ridotto costo dell'energia elettrica. L'UE, nel frattempo, analizza la questione e la minaccia che l'Europa dichiari illegittimi questi finanziamenti di soldi pubblici diretti ad un'azienda privata, si fa sempre più concreta. Delegazioni sindacali ed operaie manifestano a Bruxelles, ma i segnali sono sconfortanti.

Subito dopo il suo insediamento, avvenuto nel Febbraio 2009, il Governatore della Regione Autonoma della Sardegna Ugo Cappellacci, appartenente allo schieramento del PdL, tiene un discorso, a Portovesme, pieno di rassicurazioni, speranze, promesse ed intenzioni di battersi fino alla fine per la causa di questo polo industriale, di modo che tutti i lavoratori possano evitare la cassa integrazione ed il licenziamento, per via della crisi che stavano attraversando le fabbriche in questione. Il Governatore garantisce di preservare tutti i posti di lavoro presenti nel polo industriale di Portovesme.

Dopo centinaia di cassa integrazioni, decine di licenziamenti, e migliaia di posti di lavoro attualmente a rischio, pare evidente che le promesse, ad oggi, non siano state mantenute.

2 - Dopo un periodo di inutili trattative, l'UE ha dichiarato, nei giorni scorsi, che l'Alcoa non avrebbe più potuto godere dei finanziamenti pubblici dello Stato Italiano secondo l'accordo stipulato nel 1995 proprio fra l'azienda statunitense ed il Governo, per cui il costo dell'energia elettrica sarebbe aumentato notevolmente e l'Alcoa avrebbe dovuto sostenere interamente tutte le spese. La questione crea le premesse per l'organizzazione di una manifestazione a Roma da parte di operai e dirigenti Alcoa, che viene regolarmente effettuata il 20 Novembre scorso, e puntualmente deragliata in luoghi poco battuti dalle forze antisommossa, che hanno accolto i manifestanti con caschi, scudi, manganelli e manganellate. Inoltre, da Portovesme, alcuni operai dichiarano su internet di aver preso in ostaggio l'intero stabilimento, e di non essere intenzionati a liberarlo finché l'Alcoa non avrebbe dichiarato ufficialmente di non far cessare la produzione e di preservare tutti i posti di lavoro presenti.

La sera, sia al Tg1 che al Tg2 è stato espresso a chiare lettere che l'Alcoa aveva revocato la sua intenzione di far cessare la produzione, ed ogni minaccia era stata allontanata in seguito alla manifestazione di Roma. o stabilimento è stato liberato dal sequestro effettuato, e gli operai manganellati sono tornati in Sardegna pieni di buone speranze. Il caso, per tutti, da quanto le nostre fonti d'informazione della Tv nazionale ci dicono, è risolto. Ovviamente, se così fosse, questo post non avrebbe ragione di esistere.

3 - L'Alcoa invia una lettera ai suoi fornitori dichiarando la sospensione dei servzi a partire dal 15 dicembre 2009. 800 dipendenti Alcoa verranno messi in cassa integrazione per un anno, e la dichiarazione dei dirigenti Alcoa è stata ufficializzata questa mattina a Roma. Un numeroso gruppo di lavoratori e delegati sindacali sardi sono giunti nella capitale questa mattina (chi in aereo chi in traghetto). Un numero compreso fra le 700 e le 800 persone, per poter manifestare e far sentire la loro voce disperata. Anche oggi i poliziotti li hanno accolti con una buona dose di manganellate, ma stavolta i manifestanti hanno reagito. Il risultato è lo svenimento di un delegato sindacale colpito da un manganello in pieno viso, e dei tafferugli causati dal nuovo indirizzamento da parte delle forze antisommossa in luoghi poco battuti dei manifestanti sardi, i quali questa volta hanno messo in campo il loro diritto di manifestare e hanno sfondato le barriere delle Forze dell'Ordine, provocandone la violenta reazione.

I Tg nazionali e numerose fonti d'informazione hanno dichiarato, nel pomeriggio, che il pericolo della cassa integrazione era stato nuovamente scongiurato dai dirigenti Alcoa.

A questo punto la domanda che sorge in maniera del tutto spontanea è: dobbiamo fidarci dei nostri mezzi d'informazione? Possiamo fidarci dei nostri rappresentanti politici? Oppure è tutto un gioco messo in atto per far tacere le bocche, e rasserenare gli anii, in modo che tutti quanti ci facciano tutto ciò che vogliono senza che nessuno protesti?

Il blog contiuerà ovviamente a seguire la vicenda e i suoi sviluppi futuri, sperando di confermare questa nuova buona notizia (che si ripete per l'ennesima volta) una volta per tutte.

20/11/09

Chiude l'Alcoa: 2.500 lavoratori per la strada... Così dicono...

Stamattina la decisione ufficiale: Alcoa ha annunciato l'imminente sospensione della produzione a causa della diatriba riguardante il costo dell'energia elettrica.

Nel 1995, quando il gigante dell'alluminio americano, Alcoa appunto, ha deciso di aprire delle sedi in Italia, ha preso degli accordi con l'Enel riguardo al costo contenuto dell'energia elettrica necessaria per la produzione. Questo accordo sarebbe stato convalidato per i successivi 10 anni, i quali avrebbero permesso all'Alcoa di sostenere i costi per la produzione d'alluminio. Nel 2005, allo scadere del contratto, l'Alcoa ha chiesto all'Unione Europea un prezzo agevolato dell'energia elettrica, visto il largo consumo delle fabbriche e il logico vantaggio che l'Europa poteva trarne dall'operaività dell'azienda americana nel suo territorio.
Numerose sono state le richeiste dell'Alcoa a questo proposito, ma queste sono sempre state respinte da Bruxelles.
Dopo numerose richieste fatte anche al Governo Italiano, anche questo si è esposto in favore della riduzione del costo dell'energia a favore dell'Alcoa, ma l'Europa ha contiuato a seguire la sua linea di principio negando ogni genere di agevolazione all'azienda americana.
Per poter mantenere in piedi gli stabilimenti italiani il nostro Governo ha deciso di sostenere i costi dell'energia utilizzata dall'Alcoa, permettendo all'azienda di pagare l'energia allo stesso costo precedentemente accordato, e pagando la differenza coi soldi pubblici.
Dichiarata questa un'operazione illecita dall'Unione Europea, in quanto i soldi dello Stato Italiano non avrebbero dovuti essere spesi per aiutare un'azienda privata, l'Europa ha negato all'Italia di continuare a procedere in tal senso, così che l'Alcoa si è vista costretta a pagare l'intero ammontare dell'energia elettrica, vedendosi privata delle agevolazioni precedentemente ottenute e di cui ha goduto per dieci anni (tramite l'accordo) e altri 4 anni (con l'aiuto dei finanziamenti dello Stato Italiano).
Oggi l'Italia è impossibilitata (sebbene per la Fiat lo faccia da oltre vent'anni, nonostante le dichiarazioni sfavorevoli dell'UE) a continuare a finanziare l'Alcoa, che minaccia l'arresto imminente della produzione e l'eventuale chiusura definitiva degli stabilimenti in Italia nel momento in cui l'Europa non si ritenga disposta a compiere un passo indietro, e concederle l'agevolazione al costo dell'energia.

Questa è, riassunta in brevissimi termini, la vicenda che potrebbe portare alla disperazione migliaia di persone. Quante?
Si parla di 2.500 posti di lavoro, e quindi, ipoteticamente, 2.500 famiglie (sebbene non sia così, in quanto non tutti i lavoratori Alcoa ne possiedono una). Ma nessuno, NESSUNO, parla di coloro che non sono lavoratori Alcoa, ma che si ritroverebbero nella stessa condizione delle persone in questione.

Prendiamo l'esempio più eclatante fra i quattro stabilimenti Alcoa (Portovesme, Fusina, Milano e Modena): quello di Portovesme. Questa è la sede che sta facendo parlare di sé per via del sequestro, da parte di alcuni lavoratori Alcoa, dello stabilimento. Si continua a lavorare e quindi a produrre, ma l'Alcoa, visto che minaccia di cacciarli a breve, a causa di queste persone non potrà far fuoriuscire dal proprio stabilimento alcuna merce.

Noi lavoriamo, voi ci volete licenziare, e allora noi non vi facciamo guadagnare niente dal nostro lavoro.

Questa è la protesta di coloro che hanno proiettato il video su internet. Ma torniamo al nostro discorso.
Fra coloro che si ritroveranno per strada a causa della chiusura dell'Alcoa, ci sono:
1- gli operai delle aziende che producono l'alluminio, il quale non potrà più essere lavorato dall'Alcoa, e conseguentemente non avrà più nessuna utilità;
2- gli operai delle imprese d'appalto, che si prendono cura della manutenzione degli impiati Alcoa;
3- gli operai delle imprese di pulizia, che si occupano della pulizia degli impianti Alcoa;
4- le aziende di trasporti per le merci dirette da e verso gli stabilimenti Alcoa;
5- i lavoratori delle imprese alimentari, che forniscono alimenti e servizi mensa negli stabilimenti Alcoa.
Se ipotizziamo in media un quinto di lavoratori per ognuno di questo settore (calcolando 1.000 persone impegnate nella produzione dell'alluinio, 500 persone nelle imprese d'appalto, 500 nelle imprese di pulizia, e 500 fra addetti mensa, cuochi e addetti al trasporto merci), rispetto al totale dei lavoratori Alcoa, otteniamo altri 2.500 lavoratori privati di un'occupazione. Stiamo parlando, quindi, in maniera del tutto ipotetica - ripeto - di circa 5.000 persone senza un posto di lavoro. Il ché significa che ci saranno 4.000 famiglie senza un reddito.
Facendo un piccolo calcolo appossimativo guidato dalla logica, stiamo parlando di 15.000 persone prive di un reddito, e conseguentemente 15.000 clienti in meno per tutte le aziende di ogni settore esistenti nel territorio circostante. Si pensi a cosa accadrebbe privando i panifici, le edicole, i bar, i tabacchini, i negozi d'abbigliamento, i ristoranti, i supermercati, i centri commerciali di 15.000 clienti.
Le conseguenze economiche sarebbero disastrose per tutto il territorio. Solo le grandi città resisterebbero ad una catastrofe simile. Il crollo di un polo industriale come Portovesme, per esempio, sito in una zona della Sardegna poco abitata, e in cui funge da centro economico e base solida per gran parte delle famiglie del Sulcis Iglesiente (l'area sud-occidentale della Sardegna), porterebbe alla desertificazione dell'intero territorio, e alla costrizione, da parte dei cittadini, a dover emigrare in cerca di una nuova occupazione.
Ma ecco che ci si trova di fronte ad un nuovo problema: quanti, fra coloro che si ritroverebbero costretti a cercare un nuovo lavoro a causa della chiusura (oggi ipotetica, sebbene annunciata) dello stabilimento Alcoa, riuscirebbero a trovare una nuova occupazione in tempi più o meno brevi? Quanti, fra i 5.000 lavoratori privati del proprio stipendio ipotizzati prima, stanno per andare in pensione? Quanti ultra cinquantenni troviamo, fra questi? E - guardando l'altra faccia della medaglia - quante aziende sarebbero disposte ad assumere un lavoratore ultra cinquantenne (o ultra sessantenne, addirittura)?

E' vero; da un punto di vista economico, politico, aziendale, l'Alcoa aveva diritto a certe agevolazioni economiche fino al 2005.
E' vero; da un punto di vista sociale, l'Italia avrebbe dovuto negare il proprio aiuto all'azienda americana fin dal primo istante in cui l'accordo decennale era cessato;
E' vero; da un punto di vista eurpeo, l'Unione ha giustamente dichiarato illegittimo l'aiuto statale italiano rivolto all'azienda privata americana.

Ma se pensiamo agli anni di aiuti, sostenimenti, finanziamenti, agevolazioni date dall'Italia ad imprese come la Fiat, l'Alitalia, la Trenitalia, per poi funzionare nel modo in cui funzionano, allora anche eventuali agevolazioni distribuite agli stabilimenti Alcoa diverrebbero legittimi, se si trattasse di salvare 5.000 lavoratori (con relative famiglie al seguito).

La questione pare sia stata già esaminata in sede governativa, e il Ministro Scajola ha dichiarato che domani stesso ci sarà una riunione con i dirigenti Alcoa per discutere un'eventuale soluzione al problema. Ai Tg nazionali comunque (Tg1 e Tg2) è stato dichiarato che è stato scongiurato il pericolo di una chiusura imminente. Ma ora voglio porre una domanda: il Ministro Scajola, dopo aver promesso di incontrare gli operai Alcoa andati a manifestare a Cagliari e non essersi presentato, che credibilità vuole avere, nei confronti di persone che stanno per perdere il loro posto di lavoro, e che non saprebbero come portare avanti la loro famiglia? Siamo sicuri che non sia l'ennesima farsa del nostro Governo che miri solo ad acquietare gli animi, liberare lo stabilimento Alcoa di Portovesme dai ragazzi disperati che cercano solo di tenersi stretto il loro posto di lavoro?

La questione sarà oggetto di approfondimenti ed aggiornamenti in questo blog, che seguirà tutti i prossimi sviluppi della vicenda in maniera molto attenta.

13/11/09

Questione crocifissi: Stato e delinquenti contro l'Europa

Dopo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla rimozione dei crocifissi dalle aule delle scuole pubbliche, come si sa, lo Stato italiano ha avviato una campagna in controtendenza al resto delle nazioni europee, dichiarando il crocifisso come simbolo della tradizione e della storia cattolica italiana, e rendendo illegittima la dichiarazione della Corte Europea di Strasburgo.
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, insieme a tutta la sua schiera politica, si è dichiarato decisamente contrariato dalla decisione presa in Europa, e ha annunciato pubblicamente che l'Italia non seguirà la direzione presa dal resto delle Nazioni europee. Insieme allo schieramento di Centro-Destra, ovviamente, troviamo il Vaticano, il quale persevera nel voler mettere un proprio parere in ciò che è italiano, ossia al di fuori dai propri confini.
Lo Stato laico-cattolico italiano si trova dunque nuovamente coinvolto in un problema che non riguarderebbe mai uno Stato semplicemente laico.
Sul fronte prettamente scolastico, il nostro Ministro all'Istruzione Mariastella Gelmini non ha perso tempo a presentare ricorso alla Corte Europea, mentre sui fronti politici in generale diverse sono state le reazioni. Come detto, la Destra e il Centro-Destra hanno utilizzato qualsiasi definizione dispregiativa esistente per descrivere la sentenza della Corte di Strasburgo, ma anche a Sinistra non si è scherzato: Pierluigi Bersani, leader del Partito Democratico, ha dichiarato che "su questioni delicate come questa, qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto". Inoltre ha affermato che "un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno". E la sua aassenza lo sarebbe?
La CEI non ha evitato di esporsi nei nostri giornali e nelle nostre TV nazionali, che sono state infestate dai pareri contrari a questa decisione da parte di religiosi, oltre che, come detto, di politici - ci tengo a ripeterlo - di entrambi gli schierameti parlametari.
In un clima di contestazione generale, quindi, in cui gli spazi d'espressione per coloro che approvano la laicità delle scuole italiane, la libertà ed il diritto di non essere obbligati ad avere di fronte il simbolo di una religione, questi spazi, dicevo, sono estremamente limitati se non addirittura inesistenti; in un clima in cui il Presidente del Consiglio dichiara pubblicamente che in Italia, nonostante la sentenza europea, i crocifissi resteranno appesi nelle aule delle scuole pubbliche; in un clima in cui il Vaticano interviene quotidianamente con le sue prediche illegittime (in quanto inerenti le scuole pubbliche di uno Stato laico come l'Italia), le conseguenze erano abbastanza ipotizzabili.
Ieri mattina i soliti idioti hanno cominciato con gi atti vandalico-minatori.
Sono già state ricevute, sia da parte del cittadino che presentò ricorso alla Corte di Strasburgo, sia da parte di alcuni membri dell'UAAR, che ha sostenuto questa causa, delle lettere minatorie ed irte di insulti.
Ieri mattina degli aderenti a Lotta Studentesca, gruppo vicino a Forza Nuova, ha fatto irruzione nella sede del Partito Radicale a Roma facendo scoppiare una bomba carta, lanciando volantini ed affiggendo tre crocifissi sul muro.
Ieri pomeriggio sulla porta della sede dell'UAAR di Treviso è stata trovata la scritta "la vostra ragione non cancellerà la nostra tradizione", e sul manifesto è stato appeso un crocifisso.

Lo Stato interverrà per fermare questi atti vandalici, o continuerà a fomentarli andando contro la laicità costituzionale?
Qualcuno cercherà di non far sfociare questi primi atti intimidatori in vere e proprie violenze, oppure il nostro Governo li sosterrà?
Il Vaticano sarà contrario alla violenza di questi facinorosi, oppure, visto il rischio di perdere un posto in prima fila nella vita dei nostri bambini, e quindi nel futuro dell'Italia, rinnegherà anche quel principio?

Cercheremo di seguire gli sviluppi di questo principio di rivolta portata avanti da persone che, nel 2009, pare non abbiano acquisito grandi sviluppi progressisti dai fanatici religiosi del XVII secolo.

03/11/09

23,5 miliardi di Euro di spese previste nel 2010 per l'esercito italiano: Lettera al Ministero della Difesa

Gentili signori,
la notizia che la previsione spese riguardanti la Difesa nel 2010 ammonti a 23,5 miliardi di Euro non può che lasciare perplesso ogni italiano, in un periodo in cui la gente resta aggrappata al proprio posto di lavoro con tutte le sue forze, per cercare di superare questo periodo difficile. Quando questa gente non è in cassa integrazione, ricevendo buste paga da 200 € mensili per mantenere una famiglia di quattro persone o, peggio che mai, ma purtroppo non sto parlando di asini volanti, quando non l'ha proprio perso, il suo posto.

In un periodo in cui vengono fatti dei tagli sull'istruuzione che obbligano miriadi di insegnanti a tornare a casa, dopo aver ambito per anni ad una cattedra, magari anche piccola, magari anche nelle scuole elementari del proprio paesello.
In un periodo in cui le aziende falliscono per non poter andare avanti, perché il lavoro è calato ed i contributi statali non sono sufficienti per coprire minimamente le spese da affrontare.
In un periodo in cui l'Italia subisce dei violenti danni al suo interno a causa di elementi esterni come il terremoto aquilano o l'alluvione messinese.
In un periodo come questo, il nostro paese è disposto a spendere 23,5 miliardi di Euro (il dato è stato riportato ieri, 2 Novembre, sul sito di Emergency che, a sua volta, riporta un articolo scritto da Vignarca e Paolicelli edito da Altreconomia) per mantenere un esercito in cui i comandanti sono più dei comandati. Riporto fedelmente i numeri annunciati da Emergency: in un esercito di 190 ila uomini compaiono 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali, equipaggiati di mezzi costosissimi e di estrema avanguardia, come i nuovi sistemi d'arma della portaerei Cavour (1,4 miliardi di euro), le fregate Fremm (5,7 miliardi) e i 131 cacciabombardieri F-35 (13 miliardi).

I cittadini sanno di queste vostre spese; i cittadini sanno tutto.
Sappiamo che pur perdendo il posto di lavoro, il nostro Stato non ci diminuisce le tasse.
Sappiamo che seppur costretti a dover tirare la cinghia, il nostro Stato spende per il Quirinale 7 volte più di quanto la Regina d'Inghilterra non spenda per Buckingham Palace.
Sappiamo che anche se i nostri figli non possono godere di insegnanti specializzati perché per via della "crisi" sono stati fatti dei tagli sull'Istruzione (ed eliminati gli insegnanti specializzati), il nostro Stato mantiene felici le aziende che più gli fanno comodo, spendendo interi patrimoni in missioni per lo più fittizie.
Sappiamo, insomma, che anche se il popolo fatica ad andare avanti, il nostro Stato pensa al mantenimento dei pochi oligarchi che ci governano.

Non si può contiuare così, o lo si può fare ancora per poco. La cecità delle persone verrà meno, quando queste saranno costrette ad aprire gli occhi per poter sopravvivere.

Un saluto, nella speranza di una profonda meditazione sulla presenza, o meno, di giustizia nei confronti del Popolo nelle decisioni che prenderete in nostro nome.

31/10/09

Perché la rimozione di un crocefisso in una scuola pubblica è considerato un problema? Lettera al Ministero dell'Istruzione

Salve, io vorrei porvi alcune questioni riguardanti un argomento che, in questi ultimi tempi, sta occupando parecchio spazio nei nostri giornali e reti televisive nazionali: la legittimità, o meno, della presenza del crocefisso nelle aule scolastiche italiane.
Premettendo che questo sia un argomento che potrebbe creare problemi sempre maggiori, personalmente mi auguro che il Ministero dell'Istruzione stia lavorando per trovare un'adeguata soluzione capace di arginare la potenzalmente dannosa problematicità della questioine.
Altrettanto personalmente, mi auguro anche che, nel momento in cui si sceglierà la misura da prendere in questo tema, vengano tenute bene a mente alcune componenti basilari, perché la decisione presa sia la più corretta possibile.

1- L'Italia è uno Stato dichiaratamente laico. Il fatto che esistano radici cristiane nella nostra cultura, non può escludere la laicità costituzionale dello Stato italiano, sicché ne consegue una libertà di pensiero (e di religione, in questo caso) che NON ci obbligherebbe a mantenere il crocefisso nelle aule delle nostre scuole pubbliche (le scuole private, se autofinanziate, in quanto private hanno tutti i diritti di ritenere la presenza del crocefisso elemento basilare per l'struzione, ovviamente; ma si parla di scuole private).

2- Il fenomeno della globalizzazione, dell'apertura delle frontiere, dell'ascesa straordinaria riguardante la facilità di comunicazione fra gli individui, ha fatto sì che il progresso andasse verso una direzione di tolleranza fra le altre culture, diverse dalla nostra, ed all'apertura a pensieri lontani e differenti dal nostro. Con questo, non sarebbe certamente corretto voler sbarazzarci delle nostre radici culturali, storiche e sociali. Giustamente lo Stato italiano deeve voler mantenere una propria identità e difendere la propria storia ed il proprio essere italiano. Ma l'apertura alle altre culture porta ad un naturale assemblamentto dei vari pensieri; assembamento che, per quanto possa essere ritenuto accettabile o non, rappresente il progresso, e se l'Italia vuole progredire insieme alle altre nazioni, deve, per necessità, acconsentire che questo assemblamento avvenga anche all'interno dei propri confini nazionali.

3- Così come una buona parte degli altri Stat europei, anche l'Italia, da alcuni anni a questa parte, si è trovata nella necessità di affrontare la questione migratoria. L'immigrazione, ricollegandomi al punto spiegato prima, fa parte integrante di quell'assemblamento dei vari pensieri culturali che costituisce il progresso vero e proprio. Progresso inteso sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista politico, culturale, morale e sociale. Per questo motivo l'immigrazione e l'apertura a popoli culturalmente distanti dal nostro diventa un fattore fondamentale, per il progresso italiano; e per questo motivo l'Italia dovrebbe sforzarsi ad accettare queste differenze culturali, che potrebbero contribuire grandemente alla crescita del nostro paese.

Fatte queste tre premesse, procedo ora con alcune domande:

1- Perché in uno Stato laico come l'Italia si sospendono professori scolastici per aver tolto un crocefisso dalla parete dell'aula?

2- Perché in uno Stato che guarda alla globalizzazione come base del progresso come l'Italia si sospendono professori scolastici per aver tolto un crocefisso dalla parete dell'aula?

3- Perché in uno Stato che deve salvaguardare l'immigrazione e l'accettazione di pensieri e popoli culturalmente lontani dal nostro come l'Italia si sospendono professori scolastici per aver tolto un crocefisso dalla parete dell'aula?

In attesa di una risposta, e sperando che questa questione la smetta di essere un problema,

Grazie per l'attenzione

29/10/09

Crocifissi nelle aule delle scuole laiche

Vorrei introdurre l'argomento con la notizia, finalmente soddisfacente, pubblicata sul sito UAAR il 28/10/2009, legata all'iniziativa presa dal prof. Coppoli di Terni, che è stato accusato di togliere il crocifisso appeso nell'aula durante le sue lezioni.

L’Ordinanza del 5 ottobre del Tribunale di Terni, nella persona dei Giudici dott. Girolamo Lanzellotto, dott. Fabrizio Riga e dott. Carmelo Barbieri, ha sciolto la riserva formulata dallo stesso Tribunale nell’udienza del 27 luglio 2009 e ha deciso, a causa del trasferimento del professor Franco Coppoli presso un altro istituto (era infatti in assegnazione provvisoria presso l’IIS Casagrande dal 1 settembre 2008 al 31 agosto 2009) “il venir meno della attualità della condotta asseritamente discriminatoria con la conseguente sopravvenuta cessazione della materia cautelare del contendere”.Si conclude la prima fase della battaglia per la libertà religiosa e contro la discriminazione intentata dal Prof. Coppoli contro il Dirigente Scolastico dell’IIS Casagrande ed il Ministero della Pubblica Istruzione per la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche.Il Tribunale non ha ritenuto perdurassero le esigenze cautelari che secondo gli avvocati Fabio Corvaja, Francesca Leurini e Gabriella Caponi sarebbero continuate a sussistere anche dopo il trasferimento del docente ed è da sottolineare che la cessazione della materia del contendere è sopravvenuta in seguito al rinvio: infatti quando è stata eccepita d’ufficio (il 27 luglio 2009) ancora non sussisteva in quanto allora il docente era ancora in servizio presso l’istituto Casagrande, ed è sopravvenuta solo in seguito al rinvio della decisione a settembre.Nell’insieme ci riteniamo soddisfatti dell’impianto dell’ordinanza sul piano dei diritti civili e della libertà di religione e della discriminazione religiosa in quanto è una decisione che riconosce la fondatezza dei dubbi sulla presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche quando afferma che “l’esistenza di un dovere generalizzato di tale contenuto da parte delle istituzioni scolastiche, come derivato da alcune decisioni di merito (si veda ad es. l’Ordinanza del Tribunale dell’Aquila 22.10.03) [che imponeva la rimozione del crocefisso da una scuola materna a causa del significato discriminatorio e senza alcuna legittimazione normativa dello stesso, ndr] e dalla recente sentenza della Cassazione penale (Cass. N. 28482/09) [il Tribunale di Terni fa riferimento alla sentenza che ha assolto e riconosciuto le ragioni del giudice Tosti, ndr] non risulta affatto pacifica in giurisprudenza quantomeno in considerazione della necessità di compatibilizzare un’eventuale direttiva in tal senso con il “principio di laicità dello Stato e con la garanzia pure costituzionalmente presidiata, di libertà di coscienza e di religione” (v. cass. cit.).In altre parole prendiamo atto che il trasferimento (non dovuto assolutamente alla questione qui discussa) del prof. Coppoli all’ITG-ISA di Terni ha fatto cessare, secondo il Tribunale, le esigenze cautelari che giustificano una tutela di urgenza, ma consideriamo importanti le dichiarazioni del Tribunale riguardo alla questione della laicità degli ambienti formativi.Annunciamo quindi che la questione sarà portata davanti al Giudice del lavoro del Tribunale di Terni con un giudizio ordinario per far si che si possa affermare quel fondamentale “principio supremo della laicità dello Stato che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica”, come ci ricorda la Corte Costituzionale nella sentenza 203/89 e come è ormai affermato in tutta Europa e nel mondo civile.Invitiamo docenti, ATA ed educatori al convegno nazionale organizzato dal CESP- Centro Studi per la Scuola Pubblica: “La laicità nella scuola pubblica: la croce della religione cattolica” che si terrà a Roma il 6 novembre presso il centro congressi di via Cavour 50, Roma (info).
Prof. Franco Coppoli

Comitati di Base della scuola UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

Come detto, una buona notizia, finalmente, che ci porta a ben sperare, riguardo alla laicità delle nostre scuole.
L'importaza della scuola in ogni paese è fondamentale per la crescita e lo sviluppo dello stesso. Se un paese si dichiara laico, per non prendere in giro i propri cittadini, deve essere realmente laico.
L'Italia è un classico esempio di paese laico cattolico. Cosa significa? Semplice: basta dichiararsi laici con radici cristiano-cattoliche, il ché spinge i cittadini a sentirsi in dovere di rispettare quelle proprie radici.
Nessuno si è mai chiesto, però, quanto siano cristiane le radici dei francesi? Eppure la Francia è indubbiamente un esempio da seguire, in fatto di laicità, di integrazione, di apertura alle culture dei popoli migranti (certamente la Francia ha dovuto affrontare il problema dell'immigrazione e dell'integrazione molto prima dell'Italia, essendo stata una potenza coloniale fino a metà del secolo scorso).
Ma in Italia non funziona così. Noi siamo legati dai Patti Lateranensi. Noi dobbiamo rispettare quei patti, firmati da Benito Mussolini (il Duce, il grande esponente del Fascismo in una Repubblica dichiaratamente Antifascista) prima e da Bettino Craxi (finito latitate in Tunisia dopo aver fatto capitolare l'Italia nel periodo più nero della storia della sua Repubblica) poi. Due uomini che, oltre ad essere accomunati dalle loro grandi opere politiche, lo sono anche da questa firma in cui si dichiara che l'Italia è serva del Vaticano.
Il perché è semplice. Il Vaticano, per i nostri politici, è una comodità straordinaria. Innanzitutto, l'essere cattolici porta ad una visibilità ben maggiore nei confronti delle masse, rispetto all'ateismo, all'agnosticismo o alla semplice laicità. Inoltre, a livello finanziario, il Vaticano è indiscutibilmente un ottimo escamotage per fuggire dai controlli del fisco italiano. Ma ecco un'altra notizia, sempre pubblicata dall'UAAR questa settimana, chiara conseguenza di questi anni di intorpedimento mentale e servitù forzatamente accettata:

In un ospedale di Melzo (MI) tre donne in procinto di abortire sono state additate come “assassine” dal primario di ostetricia e ginecologia. Il medico avrebbe pronunciato queste parole ad alta voce davanti al personale e ai degenti del nosocomio. Il primario, stando a quanto asserisce CronacaQui, sarebbe un notorio antiabortista, simpatizzante di Comunione e Liberazione.

La notizia è stata riportata anche dal blog di Beppe Grillo:

L'aborto è una scelta che può lasciare tracce indelebili in chi la fa. Una scelta che può avere mille ragioni che appartengono alla sfera privata della persona. E' quindi inconcepibile che all'ospedale di Melzo, un luogo pubblico, un primario, Leandro Aletti, gridi di fronte a tutti: "Assassina, sta uccidendo suo figlio" a tre ragazze in attesa di esami preliminari. L'ospedale non è un istituto confessionale, un tempio degli antiabortisti, un'estensione delle parrocchie. Aletti, simpatizzante di Comunione e Liberazione, è stato denunciato per ingiuria e l'udienza si terrà a dicembre. Il blog sarà presente. Una domanda: "In Lombardia quanti sono i medici e i primari di CL?".

Ecco qui le nostre radici cristiano-cattoliche.

Ci spingono ad insultare ragazze che vorrebbero abortire. Nell'era del progresso.

Ci spingono a sospendere un giudice che non vuole emettere sentenze di fronte ad un crocifisso appeso in un tribunale laico. Nell'era della libertà di pensiero.

Ci spingono a sospendere uno dei vaticanisti più importanti presenti nel giornalismo italiano per utilizzare una frase "poco consona" riguardante l'Angelus papale. Nell'era della Libertà di Stampa (cfr. nostro post del 07/10/2009).

E' questo uno stato laico?

17/10/09

Milioni di microtruffe: il caso TIM

Buongiorno a tutti.
Credo sia noto alla maggior parte di noi che esistano vere e proprie truffe che si basano sul concetto del “rubo poco ma a tanti”, così da racimolare cifre non indifferenti.
Lo fanno le banche quando ad esempio si chiude un conto, trattenendo 2 o 3 euro per spese varie inventate, e lo fanno altre società che hanno il “potere” di avere un altissimo numero di clienti, come ad esempio le società telefoniche.
Rubano 2 euro qui, 1 euro là, e qualche volta provano a fare il colpaccio e provano a rubare un po' di più. La loro forza di colossi del mercato persuade il singolo cittadino dal reagire, e soprattutto l'entità della somma sottratta (2 o 3 euro appunto) non mettono in moto quella rabbia necessaria a combattere contro un danno ricevuto.

Volevo portare all'attenzione di tutti la modalità di furto adottata dalla TIM.
Il caso riguarda quei contratti per la fornitura del servizio internet attraverso le varie chiavette sul mercato, e che purtroppo hanno durata di 2 anni e vincolo di addebito su carta di credito.

A giugno 2008 la mia ragazza ha sottoscritto un contratto con la TIM per avere un mini pc ASUS, un modem HUWAEI E220, 100 ore di connessione internet ogni 30 giorni, il tutto al costo di 30,00€ al mese. (stesso contratto vale per mio fratello..e stessi problemi..)
Il primo trucco loro sta nel fatto che le 100 ore gratuite scadono ogni 30 giorni, e per rinnovarsi automaticamente hanno bisogno di un periodo non ben specificato (in alcuni casi ho dovuto aspettare anche più di 24 ore), e se malaugaratamente ci si connette in quel periodo scalano traffico dalla SIM. Ovviamente in sede di sottoscrizione evitano di avvisare il cliente.
D'altra parte è vero che arriva un sms sulla SIM quando scalano i soldi, e ne arriva uno anche quando secondo loro hanno rinnovato le 100 ore.. ma il problema è che l'unico modo per tenere sottocontrollo la situazione sarebbe sperare che l'sms di rinnovo ti arrivi il giorno giusto (e vi assicuro che non è sempre così), contare 30 giorni dalla ricezione di tale sms, e non connettersi per tutto il 30esimo e 31esimo giorno e forse anche il 32esimo perché nessuno avvisa della scadenza.

Per ovviare a questo problema sia io che mio fratello abbiamo contattato mille volte il 119, con risposte varie in base a chi ti risponde:
- “non mi prendo la responsabilità di rimborsare”
- “siete voi a dovete controllare”
- “è giusto che pagate se vi connettete”
- “Ok, le rimborso la cifra scalata.”
- mandi un fax al 800600119
..e altre ancora.. l'incompetenza di chi ti risponde è inimmaginabile..
L'ultima è stata la più gettonata, anche perché dopo 1 o 2 fax puntualmente arriva il rimborso, perché riconoscono che è un problema legato al sistema che utilizzano che fa tutto in automatico. Ma capite che se ogni mese uno deve mandare fax per farsi ridare soldi rubati, girano un po'..
E se uno usasse la SIM anche per telefonate o sms, consumando quindi traffico, potrebbe facilmente non accorgersi che hanno rubato qualche euro qua e là ogni mese..
Moltiplicate questo discorso anche solo per la metà dei clienti e avrete già una cifra da non sottovalutare.

Ma arriviamo alla perla della TIM.
Ad agosto 2009 chiedo solo di poter pagare le ultime rate che mancano con addebito sulla mia carta di credito anziché su quella della mia ragazza (per motivi di cambio conto che spiego a loro).
Il 119 mi conferma che non c'è nessun problema, basta cambiare intestatario del contratto e poi cambiare la carta di credito.
Il centro TIM di via Novara ad Abbiategrasso mi fa invece notare per la prima volta che potrebbero addebitarmi la penale per un'operazione del genere, e mi consiglia di richiamarli.
Il 119 mi dice questa volta che la penale sarebbe scattata (di 83 euro) e che poi sarebbe stata stornata dal momento che risultava una nuova carta sulla quale addebitare le rate.
Per scrupolo, ho riattaccato e li ho richiamati subito, per mettere alla prova la loro creatività nella risposta.. e mi han detto questa volta che la penale varia in base a quante rate mancano da pagare, e che la mia situazione avrebbe portato ad una penale di 166 euro più 10 euro per ogni rata mancante per un totale di 256€. Fantastici..
Mi han confermato che la penale sarebbe stata subito stornata.. siccome scattava per automatismi del sistema, avrebbero riparato loro, e mi hanno specificato che l'intestatrio del contratto non doveva cambiare, ma avrei dovuto solo intestare la SIM a me e poi fare il cambio di carta di credito.
Tornato allo stesso centro TIM il tipo mi dice che se il 119 mi ha detto così allora si può fare, e mi chiede 5 euro per il cambio di carta di credito.

A distanza di 2 settimane provo per la prima volta a connettermi e dopo 1 minuto o 2 si disconnette da solo, e non mi da più possibilità di connessione.
Contatto allora il 119.
Mi dicono che è normale, perché avendo fatto un cambio intestatario la promozione delle 100 ore gratuite non si era rinnovata da sola, così connettendomi avevo pagato esaurendo il traffico presente sulla SIM. (ovviamente nessuno mi aveva avvisato di niente).
Mi consigliano solo di andare al centro TIM per farla attivare, ma è chiuso per ferie..
Così vado al centro TIM presso il Trony di Abbiategrasso ma non possono aiutarmi, sembra essere fuori dalle loro capacità e mi dicono addirittura: “Dovresti andare in un centro TIM”..io guardo il tipo sbigottito pensando a dove sono e lui aggiunge: “Un centro che si occupi di TIM a 360 gradi”.. non indago ulteriormente e me ne vado cercando qualcuno che abbia un cervello.

A Vigevano scopro che esistono dipendenti della TIM che sanno qualcosa della TIM. Mi dicono subito che sono stato assistito da incapaci perché sul contratto viene indicato che non è possibile fare il cambio di carta di credito.. (A me hanno pure chiesto 5 euro per farlo!!!!!!)
Scrivo ancora all'800600119 e spiego come sono stato consigliato e guidato a fare una cosa non permessa dal contratto e chiedo il rimborso della penale che nel frattempo è stata addebitata.. e con mia sorpresa scopro che è stata addebitata sulla mia carta di credito.
La loro teoria è che la penale scatta perché cambiando intestatario è come se la mia ragazza avesse interrotto il contratto prima dei 2 anni previsti dallo stesso. E allora la penale dovrebbe essere addebitata sulla carta della mia ragazza, non sulla mia.. giusto?

Mando altri fax, chiedendo lo storno della penale e il rimborso di tutti gli addebiti rubati.

Mi chiamano per scusarsi e cercare una soluzione. Mi accreditano 20 euro perché per un mese sono rimasto senza internet nonostante avessi pagato la rata. Mi dicono che avrebbero stornato la penale.
Nessuna notizia per un mese, così mando un altro fax.
Mi mandano un telegramma per dirmi di chiamarli. E al 119 mi dicono che il 30 settembre hanno fatto lo storno della penale addebitata ad agosto.

Chiamo CartaSi e chiedo di controllare. Mi assicurano che un'operazione di questo tipo è fattibile, e che se fatta in data 30 settembre all'alba del 12 ottobre a loro dovrebbe risultare, e invece non risulta nessuno storno.

Mando un altro fax all'800600119. E da una settimana sto ancora aspettando risposta, nonostante abbia indicato più volte il mio numero di cellulare al quale trovarmi a qualsiasi ora.
CONVIENE A TUTTI STARE MOLTO ATTENTI!!!

Moreno

16/10/09

Segnalazione Continuità Assistenziale Garbagnate M.se: lettera a Regione Lombardia

Ecco qui di seguito l'e-mail inviata alla Regione Lombardia (pagina "Servizi") riguardo al post dal titolo Continuità Assistenziale: il nuovo nome della Guardia Medica. Né guardia né, tanto meno, medica. Si noti che: a) il nome del dottore è stato abbreviato qui, ma è stato nominato completo nella lettera; b) la lettera è stata correttamente firmata con mio nome e cognome.

Salve,
la presente per segnalarvi cosa mi è successo la mattina del 14 Ottobre scorso.
Essendo in una situazione transitoria (la tessera sanitaria è scaduta a Settembre, e io ad Ottobre ho cambiato residenza, per cui mi trovo attualmente senza un medico di base, che conto di acquisire definitivo entro la prossima settimana), purtroppo a cavallo della notte tra il 13 e il 14 Ottobre ho accusato dei forti dolori allo stomaco. Cercando di addormentarmi senza riuscirci, sono giunto ad un livello in cui non potevo fare a meno di rivolgermi al servizio di Continuità Assistenziale del Territorio, cioé all'Ufficio ASL di Garbagnate Mil.se, sito in Via per Cesate, al n. 62.
Quello che accadde mi ha fatto nascere qualche domanda, che ora rivolgo a voi, spiegandovi cosa è successo, e chiedendovi di riflettere sulla eventuale giustezza dell'atteggiamento del dott. C. E., che si è occupato del sottoscritto.
Alle 7:10 della mattina ho chiamato il n. verde a disposizione, per chiedere assistenza, e la dottoressa (suppongo che lo fosse, viste le domande specifiche che mi faceva a riguardo del mio stato di salute) dall'altra parte della linea è stata molto premurosa e gentile. Mi disse anche che sarei dovuto andare io lì, anziché attedere il medico in casa (cosa che mi ha lasciato un po' stupito, in quanto mi sarei aspettato il contrario, in realtà) e di giungere sul posto entro le 8:00, in quanto il medico avrebbe terminato il suo turno a quell'ora, dopodiché non sarebbe stato più disponibile. Giunto sul posto alle 7:35, ed essendo stato anche ri-chiamato in modo che vi giungessi in fretta, ho atteso il dottore sul piaerottolo di una rampa di scale per più o meno 5 minuti, per poi vederlo arrivare già vestito, con la giacca addosso e la borsa chiusa in mano, come se mi incontrasse per caso. Salutatomi, mi ha chiesto quale fosse il mio problema e se avessi anche febbre. Qui, mi ha ricettato delle bustine, mi ha prescritto il modo di somministrazione, e alle 7:46 è salito sulla sua macchina per andarsene a casa. Ora, io vorrei chiedere a voi, Regione Lombardia, se è corretto che:
1) il dott. C. E. non sia venuto a casa mia per visitarmi;
2) il dott. C. E. non mi abbia visitato neppure nel pianerottolo in cui ci siamo incontrati;
3) il dott. C. E. mi abbia somministrato dei farmaci senza avermi mai visto né, ovviamente, conoscere se avessi qualche tipo di allergia o altri problemi che avrebbero potuto interferire con l'uso di quel dato farmaco;
4) il dott. C. E. sia salito sulla sua auto 14 minuti prima di terminaare il suo turno, impedendo ad un altro cittadino di usufuire, eventualmente, del servizio che lui paga (con le sue tasse) e per cui il dott. C. E. viene pagato.
Pregandovi di prendere atto delle segnalazioni dei cittadini che vi giungono, in modo da rendere più efficiente un servizio per cui i cittadini pagano,
vi ringrazio per l'attenzione, e vi mando i miei più cordiali saluti.

Vedrò di aggiornare il blog nel caso di una risposta in merito.

15/10/09

Continuità Assistenziale: il nuovo nome della Guardia Medica. Né guardia né, tanto meno, medica

Una situazione anomala, certo, ma cui un'Azienda Sanitaria Locale come quella milanese dovrebbe essere abbastanza preparata, visto l'enorme numero di immigrati che potrebbero avere bisogno di usufruire dei suoi servizi.
Il giorno 14 Ottobre mi sono ritrovato nella necessità di contattare la Guardia Medica (oggi chiamata Continuità Assistenziale, forse perché il nome Guardia Medica era troppo impegnativo, vista l'efficienza con cui si lavora) in quanto senza medico di base per i seguenti motivi:
1) non avendo ancora preso residenza a Milano, avevo attivato, poco più di un anno prima, una tessera sanitaria provvisoria;
2) nel periodo in cui la tessera sanitaria provvisoria scadeva, mi trasferivo in una nuova abitazione;
3) prima di prendere un nuovo medico di base, decido di cambiare residenza ed avere una tessera definitiva.
La situazione, come anticipato, è alquanto anomala, ma fatto sta che, in queste condizioni, mi sento male. Non posso decidere io, purtroppo, quando star male, e sfortunatamente in questo periodo transitorio mi ritrovo costretto a contattare l'Ufficio Continuità Assistenziale. Verso le 7:10 al numero verde risponde una dottoressa (suppongo) efficientissima e premurosissima, la quale capisce però che la mia situazione non poteva essere risolta al telefono. A quel punto, io mi aspettavo mi dicesse di attendere in casa un medico, qualcuno che venisse a capire cosa avevo. Invece no. Un momento di esitazione, e mi dice di andare io là. In fretta. Perché il medico di turno sarebbe rimasto lì fino alle 8:00 dopodiché avrei dovuto rivolgermi al mio medico di base. Costretto dal fatto di non avere un medico, mi vesto quanto prima e parto. Durante il tragitto (breve, al massimo di 10 minuti includendo gli intoppi del traffico) vengo anche richiamato per sapere se stavo arrivando oppure no. Aveva fretta, il dottore. Giunto sul posto (la sede ASL di Garbagnate Milanese, via per Cesate 62) mi viene detto di attendere giù dalla rampa di scale. Il dottore mi raggiunge lì, già con la borsa chiusa in mano e la giacca a vento sulle spalle:
- Allora, cos'ha avuto?
- In realtà sto ancora male, ho fortissimi dolori allo stomaco.
- Mmm... anche febbre?
- No, solo forte mal di stomaco, non ho chiuso occhio per tutta la notte; ho provato a prendere una bustina di Geffer, ma non mi ha fatto niente...
- Ma quelle sono per andare di corpo! Prenda queste bustine (mi prescrive incomprensibilmente qualcosa da ritirare in farmacia), ok? Se dovesse avere bisogno, noi siamo qui.
Proprio in quel momento, alle 7:46, il dottore sale in macchina e se ne va.
A questo punto mi sono posto alcune domande:
1) può un dottore prescrivere dei medicinali ad un paziente di cui non conosce assolutamente nulla, senza averlo nemmeno visitato, avendoci parlato per 5 minuti in un pianerottolo?
2) Possibile che l'etica di lavoro di questo medico sia tale da non volersi spostare in casa di un paziente per paura di non poter uscire 14 minuti prima della fine del suo turno?
3) La Geffer è un medicinale indirizzato (come si documenta nel link inserito sopra) allo svuotamento dello stomaco, nel momento in cui questo dovesse accusare bruciori o gonfiore. Insomma, la Geffer non serve per far andare in bagno più agevolmente, ma ad eliminare la pesantezza o altri problemi di stomaco. Non d'intestino. Se il dottore non aveva presente cosa fosse la Geffer, avrebbe potuto dirlo. Ammetterlo. Tanto la sua professionalità l'ha dimosrata in un'altra maniera, forse non volendo.
Manderò in tempi brevi una mail all'Assessore alla Sanità Pubblica della Regione Lombardia, perché non trovo l'indirizzo diretto della ASL di Milano, facendo opportunamente nome e cognome del dottore in questione. Manterrò aggiornato il blog su eventuali sviluppi.

07/10/09

Nucleare in Sardegna: lettera a difesa.ambiente@regione.sardegna.it

Buongiorno,
in seguito alla normativa che permette l'ingresso del nucleare in Italia, volevo solo segnalare che voi, della Difesa dell'Ambiente della Sardegna, non potete, per rispetto nei confronti dell'isola e di coloro che la abitano, accettare la ricezione ed il deposito di scorie radioattive.
Greenpeace ha affermato che l'88% dell'attuale fabbisogno energetico mondiale può essere soddisfatto dalle sole fonti di energie rinnovabili. La Sardegna è un isola che può sfruttare appieno questo genere di energia grazie al sole, al vento ed al mare, che certamente non le mancano. Inoltre, in seguito alla Legge 99/2009 che, in fatto di energia, introdurrebbe il nucleare in Italia, coprendo il 25% dell'energia totale nazionale con, appunto, l'energia nucleare, ben 11 regioni (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Basilicata) hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale per non accettare le scorie radioattive prodotte dalla centrale nucleare prevista dal Governo Italiano. Perché la Sardegna non appartiene a questa lista, se la maggior parte degli italiani si sono dichiarati contrari al nucleare, proprio come gran parte dei cittadini sardi che non hanno mancato, anni fa, di scendere in piazza per manifestarsi contro le scorie radioattive?
Se è vero che l'energia nucleare porterebbe ad un abbassamento dei prezzi per il fatto che l'Italia non dovrebbe più acquistare energia dalla Francia, è pur vero che:
1- il costo della fabbricazione di centrali nucleari sarebbe decisamente più elevato di quello richiesto per la fabbricazione di impianti che valorizzerebbero le energie pulite;
2-gli effetti provocati da un eventuale malfunzionamento delle centrali nucleari sono devastanti, come ben si sa; ciò che non si conosce sono gli effetti che a lungo termine potrebbero provocare le scorie radioattive che il Governo Italiano avrebbe intenzione di portare in Sardegna, se questa regione non si dichiarasse contraria come le undici regioni citate sopra; inoltre c'è da notare che, non conoscendo i problemi che causerebbero questi residui nucleari, ancora meno si possono conoscere eventuali rimedi;
3-La Regione AUTONOMA della Sardegna potrebbe certamente soddisfare AUTONOMAMENTE il fabbisogno energetico dei suoi 1.600.000 cittadini, grazie alle caratteristiche del proprio ambiente e del proprio clima, e grazie alla scarsa densità di popolazione presente sull'isola.
In sostanza, per quale motivo i sardi dovrebbero desiderare le scorie radioattive nella propria terra, quando potrebbero respirare un'aria sana e pagare ugualmente l'energia a basso costo?
La Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna non può accettare la ricezione delle scorie radioattive nel proprio suolo, e dovrebbe unirsi nel ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge 99/2009 alle altre undici regioni d'Italia (che presto aumenteranno) riducendo il cerchio delle regioni disponibili ad accettare queste scorie.

Sospensione di Roberto Balducci: lettera a tg3net@rai.it

Gentili Signori,
è un buon periodo che ritengo la Rai una televisione, per così dire, in decadenza. Il giornalismo e l'informazione non sono più ritenuti sufficienti e, tanto meno, soddisfacenti da ormai tante persone, e tutto ciò potrebbe essere davvero preoccupante, trattandosi della televisione di Stato.
La sospensione di Roberto Balducci, seppure non citata a chiare lettere (così come molte altre faccende di tremenda importanza non vengono citate chiaramente durante i vostri Tg e nella televisione in generale) da voi, che il Tg lo fate, e che avete l'obbligo nei confronti dei cittadini italiani di farlo nella massima chiarezza ed onestà, mi ha la sciato perplesso (per usare un eufemismo di monumentali roporzioni). E come me, tante altre persone.
Io comprendo benissimo l'importanza economica, politica e finanziaria del Vaticano, Stato indipendente che vive dalle spese dei cittadini italiani in cambio di "servizi" non solamente religiosi (ormai si sa); ma sospendere un vaticanista come Balducci, dopo tanta esperienza, per aver pronunciato una frase di assoluta innocenza come quella in cui erano citati gli ormai famosi quattro gatti che ascoltavano l'Angelus in Piazza San Pietro, diventa un caso di gravità massima.
Non tanto per il fatto che un giornalista venga ingiustamente sospeso (purtroppo molti di quelli che vogliono dire la verità subiscono la stessa reazione), ma perché l'intrusione politica del Vaticano sta impedendo a noi, cittadini italiani, di avere il diritto di informazione che ci spetta.
A voi, per cui dare l'informazione costituisce un obbligo, vista la posizione statale della Rai, rivolgo questa domanda:
Se nominare il Vaticano nel modo utilizzato da Balducci significa privare i cittadini (coloro che vi finanziano!) di un giornalista serio ed in gamba come lui, cosa sarebbe svelare un intrigo di stato, corruzione, atti mafiosi?
In quanto cittadino italiano chiedo alla Rai di virare in direzione di un'informazione chiara, pulita, onesta, e che vada al di là dei malumori della Chiesa all'interno di uno Stato laico.

Spero non tanto in una risposta, quanto in un esame di coscienza.

Passaparola di Marco Travaglio

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