03/02/10

Much ado about...?

About something, di sicuro. Perché non si può dire che il "Tanto rumore" si stia facendo "per nulla", se parliamo dell'attuale situazione Alcoa.
Nell'ultimo articolo riguardante questo contesto, in questo blog, abbiamo parlato infatti di come l'Alcoa avesse riceuto l'offerta elaborata dal Governo Italiano, secondo la quale la multinazionale americana avrebbe usufruito degli sconti sull'energia elettrica, secondo quanto accordato quindici anni orsono, ovvero dalla stabilizzazione dell'Azienda negli stabilimenti italiani. Di conseguenza stavamo aspettando una risposta dell'Alcoa, che in prospettiva pareva essere ovvia: per quale motivo, dopo aver chiesto i finanziamenti, e dopo averli ottenuti, infatti, l'Alcoa avrebbe dovuto deciso di chiudere ugualmente?
La coerenza diceva palesemente che, ormai, i problemi erano risolti.
Ma non è stato così.
Troppo facile pretendere che una grossa azienda come l'Alcoa vada ad affrontare nuovamente gli stessi problemi che sta attraversando ora. Meglio pararsi il culo, dicono, ed aspettare una conferma da parte dell'Unione Europea.
Come già abbiamo spiegato in passato, infatti, dobbiamo ricordare che fu proprio l'Unione Europea ad aver impedito all'Italia la prosecuzione nel fornire finanziamenti di denaro pubblico all'Azienda produttrice d'alluminio presente nel nostro territorio nazionale, e nonostante le promesse e gli accordi precedentemente fatti, il nostro Governo non poté nulla contro l'imperativa ordinanza dell'UE.
E' per questo che gli americani, sentendo e ricevendo tutta la disponibilità nazionale italiana, non si accontentano, e vogliono essere certi che l'UE non si ripresenti, una seconda volta, con i suoi impedimenti concernenti questi maledetti sconti sull'energia elettrica.
Allora ecco che si scatena il putiferio, paradossalmente, tra Alcoa e Governo Italiano, che sono i due enti che vorrebbero (almeno a parole, s'intende: l'Alcoa deve ben dimostrarlo con i fatti) proseguire la produzione di alluminio negli stabilimenti sardi e veneti.
Per quale motivo, quindi, l'Unione Europea non dà una risposta definitiva? E' evidente che, se ci fosse da dire sì per calmare le acque, per lasciare i sardi in Sardegna e i veneti in Veneto, anziché costringerli a catapultarsi in massa, insieme alle loro famiglie, a Roma, non si attenderebbe tanto.
Ma allora? C'è da preoccuparsi?
Forse. Di sicuro il "Tanto rumore" shakespeariano richiamato nel titolo, non si sta facendo "about nothing". Ma qualcosa, sotto sotto, c'è.
Vediamo dunque cosa è successo in questi ultimi giorni e in queste ultime ore.
L'accordo fra Governo e dirigenti Alcoa era stato fissato inizialmente, come riportato nel nostro stesso blog, per il 5 di Febbraio, data anticipata al 3, cioé oggi.
Il Governo, però, ha deciso di rinviare quest'incontro all'8 di Febbraio, data in cui l'Alcoa ha minacciato di chiudere gli stabilimenti, per cui i dirigenti americani hanno chiesto un'anticipazione, esponendone la necessità.
Hanno inoltre minacciato, nel caso in cui quest'incontro non dovesse eseguirsi prima dell'8 del corrente mese, di chiudere definitivamente entrambi gli stabilimenti di Portovesme e di Fusina.
Ma passiamo ora a coloro che rischiano drammaticamente il posto di lavoro.
Tra operai assunti in maniera diretta, e personale assunto dalle aziende che lavorano negli stabilimenti Alcoa, si parla di circa 5000 posti di lavoro, restringendo il campo al solo stabilimento di Portovesme. Potenzialmente si potrebbe quasi raddoppiare la cifra, aggiungendo a questo lo stabilimento veneto sito nei pressi di Porto Marghera.
Cosa possono fare, se non far vedere a tutta Italia la loro disperazione che si aggiunge a quella di tutti i componenti delle loro famiglie?
Pare che i sindacati stiano pensando di chiedere al Governo, allo Stato Italia di prendersi la responsabilità in maniera diretta, e di assumere il controllo della situazione acquisendo questi stabilimenti, rendendoli quindi pubblici e non più privati.
La strada è lunga, e il tempo è poco.
Sentiremo ancora tanto rumore. Ma speriamo che quello che si sta facendo, serva a qualcosa.

25/01/10

In Puglia il PD è di sinistra

La notizia è di ieri, e ovviamente ha già fatto il giro di tutta Italia. Perché pare incredibile come gli iscritti al PD, che hanno avuto accesso alle votazioni per le primarie pugliesi, si siano rivelati più di sinistra dei loro stessi rappresentanti.

E' ovviamente superfluo parlare dei dettagli delle votazioni, ma è interessante ricordare come il PD sia nato, quali fossero i suoi intenti, quali i risultati ottenuti, e quanto questo partito si sia rivelato fallimentare agli occhi di tutti i suoi sostenitori e di tutti coloro che hano deciso di allontanarsene.

Correva l'anno 2006, quando i Democratici di Sinistra elaborarono un piano d'attacco per poter battere l'alleanza capitanata dal solito Silvio Berlusconi. Fra queste idee nacque quella di fondare un unico partito che unisse i Democratici di Sinistra (guidato da Fassino) al partito di Rutelli, la Margherita, una fazione interposta fra i democristiani meno centralisti, e i diessini meno sinistroidi. Un partito, insomma, che fosse composto da persone che non si sentivano né appartenenti a un'ideologia di sinistra, né ad un'ideologia democristiana. Questo miscuglio, anziché essere definito come un mix di gente indecisa, e che voleva a tutti i costi occupare una poltrona priva di ideologia politica, fu invece esaltato dai fondatori come l'avanguardismo politico italiano, che mirava ad un "bipolarismo all'americana", e che avrebbe unito tutte le forze di centro e di sinistra in modo da annientare il berlusconismo presente e sempre più imperante in Italia.

Al Congresso dei DS, il partito presente fu smembrato, ottenendo dei risultati da capogiro, a vantaggio del futuro PD: la stragrande maggioranza degli elettori scelsero l'unione con la Margherita e la nascita del Partito Democratico, visto come l'unica possibilità di tornare al Governo, far fuori (politicamente) Berlusconi, e vivere una vita di speranza e di felicità.

Ciò che non si sa è che inizialmente il manifesto della mozione di Fassino (che era una delle tre mozioni presentate dai DS, ed era quella che sosteneva, appunto, la nascita del PD, fu inizialmente considerato aberrante da una buoona parte del popolo diessino e che, dopo che alcuni Congressi furono eseguiti con scarso successo, questo manifesto fu stravolto dallo stesso Fassino e dai suoi compagni (o ex compagni, visto che abbandonavano, effettivamente, una posizione di vera sinistra per accentrarsi notevolmente), perché se al popolo non piacciono alcune idee, gliene piaceranno delle altre!

Questo fu il primo esempio di grande democrazia: se non ti piace come la penso, non ci sono problemi. E' il popolo che comanda. La penserò esattamente come vuoi tu, comunque tu la pensi. L'importante è che tu mi dia il voto.

Nato il PD, con grande esultanza da parte dei "grandi", carichi di ottimismo ci si dirige alle primarie, per eleggere chi sarà il segretario nazionale del PD. L'eletto sarà Veltroni. La sua scelta si rivelerà fallimentare, a dir poco. L'avversario degli avversari, Silvio Berlusconi, compone un'alleanza ed un partito unico, includendo nel Popolo della Libertà partiti in crescita continua come AN di Fini e Lega Nord di Bossi. Berlusconi non è più un avversario semplice da sconfiggere, ed il PD viene annientato con percentuali da record. Veltroni si dimette, il PD rimane per un certo periodo come una barca a vela con l'albero maestro rotto e senza ancora, completamente in balìa di ciò che Berlusconi ed il suo Governo decide di fare e fa.

Ma non cambia, da quando Veltroni era in piedi. I cittadini si accorgono che l'opposizione veltroniana non è una vera opposizione: l'accordo fatto con Berlusconi sulla riforma elettorale è la manifestazione di come il PD abbia perso completamente il suo carattere di sinistra, e all'opposizione rimangono l'IdV di Di Pietro e l'UDC di Casini. Due partiti piccoli, troppo piccoli per farsi sentire fra due colossi come il PdL ed il PD.

Dopo un periodo senza un capo bastone, il PD ri-organizze nuove primarie. E' necessario avere qualcuno che rappresenti la cosiddetta opposizione. E allora, al prezzo di 2 €, gli elettori possono democraticamente scegliere chi dovrà guidare il loro partito. Viene scelto Bersani. Egli non ha ancora fatto una piega. Più che sostenere che la destra non ha mantenuto le promesse, e che in passato non l'ha mai fatto, Bersani ed il suo Partito Democratico non ha ancora proposto nulla di nuovo. Ed ecco che, con Bersani, sparisce Veltroni (che si dedica ora alla scrittura) e riemerge D'Alema, sparito per un po' affinché si calmassero le acque che lo vedevano coinvolto, insieme a Fassino (tutt'ora latitante da qualsivoglia giornale o TV), nello scandalo alla scalata Unipol.

Ma veniamo ai giorni nostri.

A Marzo ci saranno le regionali ed il PD, per rispettare la sua idea fondamentale di democrazia, si attiva per l'organizzazione delle primarie. C'è solo un problema: in Puglia si ri-candida il Governatore uscente Nichi Vendola, il classico uomo di sinistra, un rappresentante del popolo che lavora per il popolo, un uomo che non sta a sottomettersi ai suoi capi bastone, ma che ragiona con la sua testa su ciò che può avvantaggiare o meno il popolo pugliese. Il suo avversario è invece Francesco Boccia, giunto al PD via Margherita, come già spiegato un partito composto da ex democristiani pentiti.

I due "big" del Partito Democratico, cioé Bersani, segretario nazionale, e D'Alema, uomo di spicco del partito che sta all'opposizione (seppure più che opporsi è dedito al "compromesso politico", anche detto puramente "inciucio"), decidono da che parte stare. Ovviamente sostengono Boccia, il meno pericoloso tra i due, colui che potrebbe meglio sottostare alle varie manovre dei grandi politici nazionali.

Ma il popolo si è accorto di come il PD non sia più di sinistra, nonostante le promesse fatte. Il popolo pugliese si è accorto di come Vendola sia stato abbandonato dal partito a livello nazionale, per il suo "essere di sinistra" non gradito non solo a Berlusconi, ma nemmeno dai suoi oppositori (che potremmo, citando una frase di Travaglio, anche chiamare "diversamente concordi", più che oppositori) del PD.

Le primarie sono state vinte da Vendola, col 73% dei voti, contro un misero 27% ottenuto dalla triade Boccia-D'Alema-Bersani.

I problemi attuali preoccupano la popolazione, che vuole cambiare. E non vuole mettere i "diversi concordi" al Governo, al posto degli attuali governanti. Il popolo ha capito che bisogna sostituire innanzitutto i "diversi concordi", e mettere al posto loro degli Oppositori.

Questo sarebbe un primo passo che contribuirebbe, di già, a migliorare notevolmente la situazione presente in Puglia, come in tutta Italia.

24/01/10

Ministro Meloni: ma la fuga dei cervelli dall'Italia, non era un problema?

Questa mattina, sul sito UAAR è stata pubblicata la dichiarazione emessa dal Ministro della Gioventù Giorgia Meloni, la quale ieri sera, alla convention del Popolo della Libertà ad Arezzo, ha dichiarato testualmente che lei è "stufa di vedere burocrati europei che stanno lì a sindacare se si possa appendere un crocifisso nelle scuole".
Ma non perché lei pensa che non sia un problema all'altezza del Parlamento Europeo: tutt'altro. Ha sostenuto liberamente la tesi secondo cui "la maggioranza degli italiani lo vuole e questo vale anche per uno stato laico", e quindi, nel caso in cui qualcuno si dovesse offendere, gli consiglia "di prendere in considerazione l’idea di andare a vivere da qualche altra parte del mondo".

A questa proposta, ha risposto immantinente il blog, inviando presso il suo Ministero (info@gioventu.it) la seguente lettera:

Gentile Ministro,
vorrei inviarLe le mie personali considerazioni a riguardo delle sue dichiarazioni emesse ieri sera, durante la convention del Pdl ad Arezzo, in cui ha dichiarato che "coloro che sono contrari ai crocifissi nelle scuole, possono andarsene a studiare all'estero".
A parte il fatto che si tratta di una sentenza decisamente sconsiderata, visto che Lei è il Ministro della Gioventù e che, anziché tutelare la migliore istruzione possibile per i giovani che Lei rappresenta in Parlamento, per poi sfruttarne le capacità e competenze in futuro, li invita ad andarsene se non vogliono assistere alla trasgressione della Laicità dello Stato, elemento chiave della Costituzione Italiana.
A parte questo, dicevo, pare sia necessario ricordarLe che lo Stato Italiano stimi come un grave problema quel fenomeno denominato "fuga dei cervelli" dall'Italia, che vede numerosi dei nostri ricercatori, ingegneri, dottori, scienziati trasferirsi all'estero per poter trovare l'occasione di mettere in pratica la loro professione e la loro intelligenza. Ed è per questo che la sua sentenza è di una sconsideratezza unica, emessa nel periodo sbagliato, e per di più che lascia trapelare due idee diverse, ma aventi un punto in comune: la negatività.

La prima idea che lascia intendere la Sua infelice considerazione di ieri, è che Lei pare non aver chiara la situazione lavorativa attuale. Il ché è strano, visto che tutti quanti noi sappiamo quanto la crisi economica stia influendo sulle famiglie e, conseguentemente, sui giovani italiani; e vedere come un Ministro non ne abbia la percezione, non è un fatto granché consolante, perché o significa che questo Ministro non s'interessa dello stato del Popolo che rappresenta, oppure che questo stesso Ministro viva in un mondo per nulla intaccato da problemi economici. E questo già si sapeva, ma innervosisce - mi creda - sentirselo dire palesemente e con tale sfacciataggine. Per assicurarLe che non sto delirando, le spiegherò come si giunge a questa conclusione. Se Lei, Ministro della Gioventù, pronuncia inviti a trasferirsi all'estero ai giovani italiani, solo per il fatto di non accettare un crocifisso appeso nelle Scuole Pubbliche e costituzionalmente Laiche, sta palesando come non siano accetti gli aiuti futuri che gli stessi giovani che Lei invita ad andarsene potranno offrire, ad istruzione terminata.

La seconda strada secondo cui può essere interpretato il suo "consiglio", è diversa ma, come detto, altrettanto preoccupante. Pare che Lei si faccia liberamente beffa di quell'articolo della Costituzione Italiana che dice che il nostro Stato è Laico. Ciò significa, ma è ovvio che Lei lo sappia, che in Italia si dovrebbero distinguere lo Stato dalla Chiesa, e i due enti che da sempre hanno rivaleggiato, non possono essere accomunati. In una Scuola Laica, quindi, sebbene ci sia sempre stato, un crocifisso (simbolo della Chiesa) risulta, logicamente e costituzionalmente, inappropriato. Invitando i giovani atei, agnostici, razionalisti, laici, stoici o di qualsivoglia pensiero non cristiano o, addirittura, non cattolico, ad andarsene all'estero se non tollerano il calpestare, da parte dei nostri governatori, un articolo della Costituzione come quello sulla Laicità, Lei sta proibendo ai nostri giovani di utilizzare liberamente (liberamente, sì! da Libertà, proprio quella cosa rappresentata dalla "L" finale nel nome del Suo partito) il proprio pensiero perché, se dovessero farlo, il loro Ministro gli ha già consigliato di andarsene all'estero. Perché? Qui avrebbero vita difficile? Perché in Italia non potranno educare i loro figli ad usare la loro ragione senza subire gli influssi cristiano-cattolici? O perché ad uno scienziato, ad un dottore, ad un chimico, ad un ingegnere ateo, Lei preferisce un popolo di sole massaie, pastori e manovali (con tutto il rispetto per le massaie, per i pastori e per i manovali, mi creda) religiosi?

L'ultima considerazione che voglio farLe, è su ciò che ha palesemente evidenziato e dichiarato. Il ché è un qualcosa estremamente grave, perché porta a concludere che il nostro Ministro della Gioventù, che dovrebbe guardare al futuro tanto quanto al presente, non ha una minima idea di come il mondo si stia evolvendo.
La Globalizzazione, Ministro, è un fenomeno in atto in ogni parte del Mondo Occidentale. L'accettazione delle razze, dei pensieri e delle culture altrui (un po' come quello che predicava quel signore che sta sul Suo caro crocifisso) è l'emblema della società odierna e futura. Occludendo il proprio Ministero ed i giovani ad un sottostare continuo, imperterrito ma anche inutile e retrogrado alle leggi morali ed alle usanze clericali tipiche dei secoli ormai trascorsi, lo sguardo al futuro appare lontano. E un Ministro della Gioventù così conservatore, più che rappresentare un Ente politico credibile, rappresenta un paradosso.

Ministro: è più importante il contributo che i giovani che Lei rappresenta in Parlamento possono dare allo Stato, o un crocifisso in un'aula? Pare che la risposta Sia chiara: preferisce avere i suoi rappresentati all'estero, pur di avere un simbolo cattolico nelle Scuole.

Il mondo si divide in due categorie, Ministro: c'è chi pensa con la sua testa, e chi crede a ciò che gli dicono gli altri.
Chi pensa, è stato invitato ad andarsene. Speriamo non si segua il Suo consiglio.

23/01/10

La palla passa ad Alcoa

La decisione, da parte dello Stato italiano, è stata presa ieri, 22 Gennaio: dopo lunghi anni di lotte e di richieste, che sono andate inasprendosi sempre più negli ultimi tempi, fino ad arrivare con la dichiarazione di voler mettere tutti i dipendenti in cassa integrazione a partire dal 5 di Febbraio prossimo, l'Italia ha concesso ad Alcoa la possibilità di continuare ad usufruire dello sconto sull'energia elettrica, in modo da poter eliminare il malcontento della multinazionale americana.
In questo modo, l'Alcoa non avrà più alcuna scusa da presentare ai suoi dipendenti, e potrà dunque riprendere la produzione a pieno ritmo (produzione che, seppur non si sia mai arrestata completamente, è ovviamente diminuita in maniera sensibile), garantendo il mantenimento del posto di lavoro alle migliaia di dipendenti Alcoa, e alle restanti migliaia di dipendenti impegnati nella manutenzione, nella pulizia e nei servizi presso la stessa azienda.
E' stato quindi fissato un appuntamento tra i rappresentanti del Governo Italiano e la dirigenza Alcoa Martedì, 26 Gennaio a Roma, data in cui si ufficializzerà la decisione presa dallo Stato, e in cui il Governo dichiarerà alla multinazionale produttrice di alluminio il mantenimento della promessa data, in accordo con l'Unione Europea, che si era fermamente opposta al mantenimento del finanziamento pubblico in favore di Alcoa, appunto.
La svolta è arrivata in seguito alla mobilitazione del Sindacato che, essendosi mosso a livello nazionale (coi segretari nazionali Giorgio Cremaschi ed Emilio Lonati) per poter esaminare personalmente la situazione di disagio provata dai lavoratori (che comunque già avevano manifestato sia a Roma, come riportammo in questo blog, per due volte, sia col sequestro dello stabilimento), e per poter discutere direttamente con loro e i loro delegati sindacali in loco. Tutto ciò è avvenuto meno di una settimana prima dell'approvazione del decreto legge in questione, e ciò sta a significare che il tanto rumore non è, poi, stato per nulla.
A questo punto sta ad Alcoa, il dimostrarsi legata allo stabilimento, e il non aver tirato la corda nella speranza di far precipitare le colpe al Governo Italiano o all'Unione Europea.
Potenzialmente, ci sarebbe da essere ottimisti: il polo industriale di Portovesme, dal punto di vista dell'Alluminio, è sempre stato un centro nevralgico per la produzione, e Alcoa, fin dal suo arrivo, ha sempre dimostrato grande impegno per il sostentamento non solo dell'azienda stessa, ma anche del territorio circostante.
La multinazionale ha infatti investito notevoli somme per cercare di mantenere il territorio il più pulito e "verde" possibile, piantando migliaia di alberi e promuovendo una green campaign che è stata (ed è tuttora) oggetto di vanto dell'azienda statunitense sbandierato in tutto il mondo; in più, viste le questioni nate dalla loro minaccia di arrestare la produzione, sarebbe decisamente poco etico (diciamo così) il chiudere i battenti dopo aver ottenuto la tanto ambita riduzione dei costi energetici.
Certo, dirà qualcuno: l'etica nell'imprenditoria è sempre meno presente, tanto più nel nostro paese. Ma siamo ottimisti, e godiamoci questo decreto legge che è un passo verso una situazione migliore.
Se prima si era nelle mani del Governo, e dell'Unione Europea, ora si è nelle mani di Alcoa.
Aspettiamo il verdetto con ansia che ovviamente, riporteremo sul blog puntualmente.

10/01/10

Candidati alla Regione Lombardia e alla Provincia di Milano del MoVimento 5 stelle

Ieri pomeriggio alle 15:00, a Milano, allo Spazio Tadini si è assisitito alla presentazione dei candidati del MoVimento 5 stelle, fondato da Beppe Grillo, per le elezioni regionali e provinciali in Lombardia, previste per la prossima primavera.
Numerose le persone che hanno assistito all'evento politico, come numerosi sono i candidati presentati (fra cui il candidato alla presidenza della Regione Vito Crimi).
Dopo un discorso del fondatore del MoVimento, Beppe Grillo, che ha toccato i numerosi punti su cui l'azione politica di questo movimento (perché, effettivamente, di partito non c'è traccia, e tanto meno di schieramento politico) si basa, oltre ad aver descritto la natura del suo impegno politico, ribadita essere nata per necessità, visti i tempi in cui la politica di sinistra sta sempre più assemblandosi a quella di destra (a proposito anche Marco Travaglio ha fatto approfonditi interventi, anche su Passaparola, visibile in diretta da questo stesso blog), e visti i pericoli ambientali ed economici cui l'Italia sta andando incontro, alcuni dei numerosi candidati hanno esplicato, in brevi interventi individuali, le direzioni politiche che verrebbero sostenute in caso di effettiva elezione di almeno uno di essi in ciascuno dei consigli regionale e provinciali.
Il punto chiave, il motto su cui tutto si basa è "ognuno vale uno", che sta a significare l'eliminazione di un segretario, di un "capo-bastone", come Grillo spesso dice, e di una gerarchia capace di decidere per i molti.
Il meccanismo proposto dal MoVimento 5 stelle è assolutamente innovativo in Italia, ed è simile a quello utilizzato negli Stati Uniti dallo stesso Obama, punto di riferimeto ed esempio reale di una politica simile a quella che il comico genovese sostiene. Questo metodo si basa su una natura "on-line", un lavoro che mette le sue fondamenta sull'informazione pubblica che solo attraverso internet può giungere ai cittadini. Essendo le televisioni per gran parte in possesso a Silvio Berlusconi, e costituendo questo la seconda carica dello Stato, è ovvio che sia l'informazione privata (la sua, Mediaset), che quella pubblica (la RAI), non potrebbe mai mettersi contro di lui; conseguentemente lo spiraglio che trova Grillo è proprio la rete, uno strumento, a suo dire, assolutamente capace di disintegrare i vecchi meccanismi di informazione e di politica, che potrà portare una vera e radicale innovazione nel sistema-Stato italiano.
Forte degli innumerevoli consensi ottenuti nel suo blog (uno dei principali blog al mondo, per numero di sostenitori e per importanza politico-sociale), Beppe Grillo col suo classico fervore ha presentato un programma ben definito (la Carta di Firenze), che generalmente si concentra su alcuni punti-chiave: ambiente, energia, trasporti, informazione, sanità, politica.
Fondamentalmente, si parla di una drastica riduzione dell'inquinamento (abolizione degli inceneritori tramite la raccolta differenziata e promuovendo il riciclaggio al 100%) e dell'illeggittimità della privatizzazione dell'acqua, che dovrebbe essere resa nuovamente pubblica (è stata menzionata una sovratassa imposta ai cittadini di Ravenna riguardante l'utilizzo dell'acqua piovana); della riduzione del traffico (incentivare i trasporti pubblici e le ferrovie, eliminando il trasporto di container vuoti su gomma, e facendoli viaggiare su rotaie; investendo sulle piste ciclabili e sul tele-lavoro, cioé la possibilità di svolgere il lavoro da casa anziché dall'ufficio); dell'arresto alla cementificazione di aree verdi per la costruzione di parcheggi o strade; dell'utilizzo delle energie rinnovabili, in primis di quella eolica, tramite la quale è possibile caricare generatori di corrente capaci di movimentare automobili elettriche; di informazione libera, senza più finanziamenti di soldi pubblici alle testate giornalistiche (ogni giornale viva delle proprie vendite, altrimenti, se non ha lettori, fallisca) e con internet gratuito con copertura wi-fi a livello nazionale, utilizzabile da ogni cittadino italiano, il quale fin dalla nascita potrà avere una password per accedere alla rete, tramite la quale ogni legge potrà venire discussa da ogni elettore prima che venga proposta in parlamento, e questa potrà essere proposta solo previa approvazione maggioritaria di tutti i cittadini (una specie di referendum per ogni legge, ma stavolta non più cartaceo ma tramite internet); di una maggiore informazione sanitaria, in modo che le aziende farmaceutiche non possano più approfittare dell'ignoranza dei cittadini e vendere i loro prodotti spesso inutili o, nel peggiore dei casi, dannosi; di un parlamento pulito, che vieti ai parlamentari di stare in carica per più di due mandati, che dia uno stipendio ai parlamentari pari allo stipendio medio nazionale, che mandi in pensione i parlamentari non più dopo due anni ma esattamente come gli altri cittadini, che chiunque sia pregiudicato non possa, per legge, accedere ad una carica qualsiasi in parlamento e che, infine, venga per lo meno dimezzato il numero dei parlamentari.
Da questi punti scaturirebbero poi tante diramazioni relative alle diverse facce dell'economia, dei trasporti, dell'ambiente e di tutto ciò che riguarda la vita di uno stato.
Argomento che non è stato trattato ieri pomeriggio, ma che certamente dovrà essere affrontato dai candidati nella regione Lombardia, è quello dell'integrazione degli imigrati, problema chiave in una regione economicamente avanzata come, appunto, quella lombarda.
I problemi di integrazione sono infatti vivissimi, e le varie riforme proposte dal Governo non facilitano l'accettazione, da parte dei cittadini, degli immigrati romeni, slavi o nord-africani. La Lombardia svolge un ruolo assolutamente principale, per quanto riguarda l'economia nazionale, e se vuole mantenere la sua funzione avanguardista nei confronti delle altre regioni, deve pensare bene a come gestire un problema che nazioni come Germania, Gran Bretagna e Francia hanno già dovuto affrontare in passato e che, specialmente nel caso di Germania e Regno Unito, è stato generalmente superato, ma che anche in Francia è certamente giunto a buon punto.
La chiave per affrontare questa situazione consiste nel riuscire a facilitare il mix tra la nostra cultura e quella dei popoli migranti, con tutte le differenze che spesso si identificano nella sfera religiosa. A questo punto pare abbastanza chiaro come la laicità dello Stato sia un punto basilare che potrebbe avere la funzione di ago della bilancia, nella riuscita o meno di una buona politica nella regione lombarda.
Così come negli altri paesi infatti, per affrontare il fenomeno dell'immigrazione e dell'integrazione dei popoli stranieri, il Vaticanismo deve essere abbandonato anche in Italia, e proprio la Lombardia deve essere, anche in questo caso, la porta principale da cui l'innovazione entra in Italia. Solo con la laicità dello Stato, e col permesso di praticare liberamente e decentemente (cioé così come si praticano nel loro paese) le altre religioni, gli immigrati potranno venire realmente integrati, senza che scombussolino le abitudini nazionali italiane, ma in maniera tale da poter contribuire all'avanzamento culturale che coinvolge, nell'era della globalizzazione, il mondo intero.

Passaparola di Marco Travaglio

passaparola
Italian Bloggers