20/02/11

Clandestini in Italia: affrontiamoli meglio!

In questi giorni di delirio nei paesi nordafricani, che ad esclusione del solo Marocco, stanno ribellandosi alle loro situazioni politiche, in modo da abbattere i diversi regimi che incatenano i popoli algerino, tunisino, libico, ed egiziano ad una povertà senza fine, ad una libertà limitatissima e a condizioni economiche miserevoli, visto che siamo ormai giunti nel 2011, anche l'Italia subisce le dirette conseguenze.
A Lampedusa gli sbarchi di immigrati clandestini aumentano vertiginosamente di giorno in giorno, e il governo italiano, fortuatamente con l'assistenza e la collaborazione dell'Unione Europea, che è intervenuta immediatamente notando l'importanza ed il peso di carattere internazionale della questione, sta agendo per assistere e sistemare tutti coloro che approdano ale nostre coste provenendo da paesi immersi nelle rivluzioni più violente.
A questo proposito è lecito parlare di Tito, un ragazzo egiziano immigrato in Italia numerosi anni fa, e che ora lavora, assicurato ed in regola, presso una azienda del Nord Italia.
La sua storia è una delle tante, ovviamente, ma i particolari sono piuttosto interessanti per mettere in mostra come il nostro Stato funzioni ed agisca di fronte a questi numerosi immigrati che clandestinamente cercano rifugio in Italia.
Tito pagò una somma di circa 2000 $ perché una barca, da un porto d'Egitto, lo conducesse a Lampedusa. Il suo viaggio durò 4 giorni, ed in quei quattro giorni muoversi era praticamente impossibile: Tito era, esattamente come tutti gli altri passeggeri della barca, costretto a rimanere seduto, a gambe aperte, ed al suo petto si poggiava il passeggero che gli stava davanti, mentre lui poggiava la sua schiena al petto di colui che gli stava dietro, anch'esso con le gambe aperte.
Cibo e acqua non se ne trovavano facilmente, e le poche dosi a disposizione venivano giustamente consumate con estrema parsimonia.
All sbarco nell'isola di Lampedusa, la barca di clandestini venne ricevuta dai nostri Carabinieri, i quali radunarono tutti gli immigrati, organizzandone lo spostamento in un Centro d'Accoglienza.
Tutti gli immigrati sapevano perfettamente che coloro che venivano spostati nel Centro d'Accoglienza sarebbero stati rispediti indietro, in Egitto, e Tito, che allora aveva appena una ventina d'anni, non poteva accettare assolutamente il pensiero di aver speso 2000 $ e di aver affrontato un viaggio terribile per poter giungere in Italia, per poi essere rispedito indietro senza neanche aver tentato la fortuna in Europa.
Decise di scappare.
Tentò la fuga scavalcando due dei tre muri che cerchiavano il luogo in cui gli immigrati erano rinchiusi, e prima del terzo ed ultimo muraglione venne catturato ed arrestato.
Portato in caserma, subì un pestaggio di circa un'ora e mezzo, senza neanche poter spiegare le sue ragioni, in quanto non conosceva l'italiano e poteva esprimersi solamente in arabo.
Dopo il pestaggio (perché interrogatorio non poteva certo essere), Tito fu arrestato e trasferito nella Casa Circondariale di Caltanissetta, dove rimase per tre mesi.
Alla fine del terzo mese, Tito venne munito di documento d'identità, permesso di soggiorno limitato e venne messo in libertà.
Ora, vorrei sottolineare alcune cose.
Innanzitutto, è notevole come sia scarsa la fiducia nei confronti dello Stato Italiano, e questo può esser dato solo ed esclusivamente dall'immagine che noi abbiamo nel mondo (ora non concentriamoci sulle cause che la distruggono, la nostra immagine).
In secondo luogo, è assurdo che chi, come Tito, cerchi di evadere la legge, abbia più possibilità di ottenere un permesso di soggiorno al posto di chi obbedisce alle nostre Forze dell'Ordine, che non fanno altro, invece, che ingannare coloro che più se ne stanno buoni, rispedendoli indietro e garantendosi che queste persone, in un'eventuale secondo sbarco, non si comporteranno certo più in maniera tranquilla ed obbediente, visti i risultati.
Una piccola riflessione cui bisogerebbe spingersi sarebbe anche quella concernente il pestaggio durato un'ora e mezza effettuato ai danni di un ragazzo che non capiva neanche l'italiano. Sì, per molti potrà anche essere ritenuto un metodo educativo: ma se Tito non comprendeva per quale motivo lo stessero pestando, forse era più riconoscibile come un atto intimidatorio, più che educativo. Ed uno Stato che applica atti intimidatori, non è certamente uno Stato che può avere una buona immagine in Europa, né nel mondo intero.
Un quarto ragionamento da fare è, infne, questo: quanti immigrati clandestini sono entrati in Italia in questo modo, senza però seguire le buone strade che hanno portato Tito a procurarsi una buona posizione lavorativa, ma uscendo dalla legalità e dedicandosi a spaccio di droghe, sfruttamento della prostituzione, violenze e barbarie generali di cui tanto spesso si sente parlare?
La colpa è di colui che entra in Italia, disperato, o di coloro che li lasciano liberi, dopo essersi tolti la biasimevole soddsfazione di averli massacrati di botte?

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